SCALZI, John
Uomini in rosso
Milano, Mondadori, Urania, 2014
“Conoscere la verità regala all’uomo la giusta forza.
Qualunque sia la verità.”
(Haruki Murakami)
Il romanzo, a tratti umoristico e assurdo, è valso a John Scalzi il premio Hugo ed il Premio Locus per il miglior romanzo di fantascienza nel 2012.
“Nella grande ammiraglia dell’Unione Universale, l’Intrepid, le uniformi hanno il colore della gloria”: questo il motto di chi si arruola nella nave spaziale Intrepid per l’esplorazione di pianeti sconosciuti ma, come ogni motto che sa di esaltazione e fanatismo “aziendale”, dietro si nasconde qualcosa di profondamente disumano. I giovani arruolati nella nave Intrepid si accorgeranno che la loro divisa rossa è quella dei sacrificabili, di coloro che hanno un destino scritto, mentre i potenti (o meglio i protagonisti designati, poi vedremo perché) sono al sicuro nei loro posti di comando.
Il guardiamarina Andrew Dahl ed altri giovani astronauti entrano a far parte dell’equipaggio dell’Intrepid, entusiasti di esser membri di una prestigiosa missione esplorativa interplanetaria. Ben presto però si accorgeranno che, come tutti i nuovi arrivati, dovranno affrontare situazioni e circostanze che li condurranno alla morte, mentre alcuni superiori, pur riportando danni fisici considerevoli, alla fine sembrano immortali. Fra vermi giganti, alieni feroci e incidenti improvvisi, per i nuovi arrivati la morte sembra inevitabile. Tutto questo si protrae in ogni missione a tal punto che molti uomini in rosso, cercano di evitare la “chiamata alle armi” nascondendosi nell’imminenza di un nuovo sbarco.
Grazie ad un misterioso personaggio di nome Jenkins, che ha perso la moglie proprio in una delle prime missioni e che vive “imboscato” negli anfratti inesplorati della nave spaziale, i protagonisti scopriranno una situazione che ha dell’assurdo. Il loro universo, per un caso strano e singolare, interferisce con un mediocre telefilm di fantascienza nel quale questi si trovano ad interpretare i classici personaggi secondari che soccombono durante le prime scene.
Ecco come si svolge la rivelazione dovuta alle ricerche ossessive di Jenkins: “Non so più cosa sia la felicità da quando è morta mia moglie. Ed è stata proprio la sua morte ad aprirmi gli occhi su tutta questa faccenda. A spingermi a esaminare le statistiche sulle perdite su questa nave, a osservare come si andavano svolgendo gli avvenimenti a bordo. A scoprire che la spiegazione più logica era che facevamo parte di un telefilm. A rendermi conto che mia moglie era morta solo per creare un momento drammatico prima di uno stacco pubblicitario (…).
Anche Dahl, uno dei protagonisti dei “redshirts”, seguace di una religione cosmica comincia ad avere dei dubbi e ad intuire la verità come una nuova rivelazione:
“– Tu sei un uomo di fede, non è vero, Dahl? – gli chiese.
– Tu conosci i miei trascorsi – rispose lui. – Sai bene che lo sono.- Come puoi continuare a esserlo?
– Che vuoi dire? – chiese.
– Voglio dire che tu e io sappiamo che in questo universo Dio è un imbrattacarte – spiegò Jenkins. – È lo sceneggiatore di uno squallido telefilm di fantascienza, e non è capace di mettere insieme una trama decente. Come fai ad avere fede quando sai tutto questo?”
Nemmeno la soluzione di far saltare la nave o di sabotarla potrebbe essere una soluzione: ci sarebbe di sicuro una nuova serie tipo “Intrepid 2” e la storia riprenderà come prima allo stesso modo.
Come si vede l’ironia dell’autore diviene metafora di chi è sfruttato e sacrificabile in nome di una casa di produzione televisiva il cui scopo è fare ascolti e audience, in altre parole ad essere profittevole a costo della vita delle persone. L’unico modo è accedere all’universo parallelo ed affrontare gli sceneggiatori e i produttori della serie televisiva. Questo è quello che faranno riuscendo a far presente la loro singolare condizione agli increduli sceneggiatori e realizzatori del serial. Il viaggio che intraprendono è quindi frutto di una scommessa disperata ma l’unica che può salvarli e strapparli dal loro destino.
Dedicato ai personaggi secondari della serie Star Trek, Uomini in Rosso lancia un messaggio di speranza e di ribellione. Se Dio è un imbrattacarte, certo c’è poco da essere ottimisti, ma c’è molto da sperare: non la sicurezza che tutto vada bene ma la certezza che la loro decisione abbia un senso, indipendentemente da come andrà a finire.
Del resto vale la pena di non soccombere ad un regista o ad uno scrittore che ci manda a morire e quindi tentare di essere protagonisti del proprio destino. Un messaggio libertario come pochi che, con ironia e utilizzando il tema dell’assurdo, ribalta la concezione pirandelliana dei personaggi legati indissolubilmente al copione assegnatogli rendendoli invece in grado di spezzare le catene dell’inevitabilità.
John Scalzi, californiano e giornalista free lance, ha inoltre ricoperto la carica di presidente della Science Fiction and Fantasy Writers of America, la più grande associazione di scrittori di fantascienza e fantasy del mondo. Scalzi ha manifestato molta simpatia anche per tematiche legate all’attivismo radicale, come dimostra la sua intervista a Cory Doctorow proprio su questi temi, cosa che ho già sottolineato in un mio precedente articolo.
La coda del romanzo si sofferma sulle sensazioni e le considerazioni dei vari personaggi, in particolar modo sui creatori della serie televisiva, che in prima persona descrivono ciò che hanno provato in seguito alle incredibili rivelazioni e le conseguenze sulla loro attività e sulla loro vita. Oltre al tema della presa di coscienza, quindi possiamo dire che il testo rivela anche la necessità di passare all’azione diretta per liberarsi da un destino che altri hanno scritto per noi e “strappargli la penna di mano”.
Flavio Figliuolo
NOTE